La depressione della madre altera nelle bambine le connessioni fra amigdala corteccia e striato

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 18 novembre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/RECENSIONE]

 

Una mole notevole di evidenze sperimentali accumulate nel tempo supporta la tesi di una significativa influenza della depressione materna sulla funzione neuropsichica della prole, ma dirette evidenze nella nostra specie di alterazioni di specifici circuiti cerebrali connesse con sintomi depressivi della genitrice, non sono state finora documentate. Lo sviluppo del cervello dopo la nascita è sicuramente influenzato dalle manifestazioni del disturbo dell’umore di una madre che interagisce con i figli frequentemente e intensamente, come richiesto dalle naturali cure parentali, ma mancano prove che l’influenza si eserciti parimenti nei due sessi, ossia nei maschi e nelle femmine, e produca inconfutabili effetti negativi. Gli studi su questa azione trans-generazionale hanno evidenziato effetti sull’amigdala, un complesso nucleare con una notevole importanza nell’elaborazione di contenuti affettivi ed emozionali[1].

Ni Ni Soe ed altri undici ricercatori di Singapore hanno deciso di verificare se l’organizzazione funzionale dell’amigdala varia in funzione di sintomi depressivi materni pre-natali e post-natali: lo studio ha prodotto risultati veramente degli di nota.

 (Soe N. N., et al. Perinatal maternal depressive symptoms alter amygdala functional connectivity in girls. Human Brain Mapping Epub ahead of print doi: 10.1002/hbm.23873. Nov 2, 2017).

Dei 10 riferimenti istituzionali di provenienza degli autori si indicano qui di seguito i principali: Department of Biomedical Engineering and Clinical Imaging Research Center, National University of Singapore, Singapore; Department of Obstetrics and Gynaecology, Yong Loo Lin School of Medicine, National University of Singapore, Singapore; Department of Paediatrics, Yong Loo Lin School of Medicine, National University of Singapore, Singapore; Singapore Institute for Clinical Sciences, Singapore; Department of diagnostic and Interventional Imaging, K K Women’s and Children’s Hospital, Singapore (KKH); Sackler Program for Epigenetics and Psychobiology at McGill University (Canada).

Tre settimane fa, recensendo uno studio sul controllo dei nuclei del gruppo laterale dell’amigdala da parte dell’aggregato centrale, si sono riportati dei brani che introducono alla conoscenza morfologica e funzionale di questa struttura cerebrale di lunga storia filogenetica, rimandando alla lettura di quella “Nota” (Note e Notizie 28-10-17 L’amigdala centrale controlla l’apprendimento della laterale) per un’esposizione completa, riportiamo qui solo un brano per comodità del lettore:

“L’amigdala o corpo nucleare amigdaloideo[2] è un agglomerato nucleare pari e simmetrico grigio-rossastro a forma di mandorla del diametro di 10-12 mm, situato nella profondità dorso-mediale del lobo temporale, in prossimità topografica della coda del nucleo caudato, ma non collegata fisiologicamente al controllo motorio e procedurale dei nuclei del corpo striato. L’amigdala, da una parola greca che vuol dire mandorla, occupa la parte anteriore del giro paraippocampico e la parte iniziale dell’uncus, sporgendo davanti al corno di Ammone. Descritta in anatomia con i nuclei della base telencefalica, al suo interno è composta da agglomerati di pirenofori che formano una dozzina di piccoli nuclei classificati in vario modo, anche se più spesso ripartiti in tre aree: amigdala laterale (AL), amigdala centrale (AC) ed amigdala basale (AB). In neurofisiologia l’amigdala è tradizionalmente considerata parte del sistema limbico ma, come è noto, la concezione di Paul McLean secondo cui l’insieme delle aree filogeneticamente più primitive costituiva una unità funzionale, detta anche cervello emotivo, è venuta a cadere nel tempo e l’amigdala è stata indagata spesso separatamente o nei suoi rapporti con aree neocorticali. Anche se negli ultimi decenni è stata studiata soprattutto in relazione alla paura e all’apprendimento della paura condizionata, i suoi sistemi neuronici intervengono in una gamma considerevole di processi, quali quelli relativi al conferimento di valore d’affezione a stimoli percettivi, alle associazioni con stimoli sessuali, alle risposte di attenzione motivata in chiave di interesse edonico o di allerta e di allarme. Inoltre, come faceva rilevare il nostro presidente, numerosi studi suggeriscono che questo complesso nucleare, con le sue estese connessioni, svolga un ruolo critico nella regolazione di vari comportamenti cognitivi e sociali, oltre che affettivo-emotivi[3].

Consideriamo ora, in sintesi, il lavoro dei ricercatori di Singapore.

L’analisi della rete funzionale dell’amigdala filiale, per comprendere se le manifestazioni comportamentali della madre che rivelano lo stato psichico depressivo la influenzino durante lo sviluppo, è stata condotta mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI). Lo studio ha esaminato le variazioni morfo-funzionali significative del cosiddetto stato di riposo funzionale o resting state in 128 bambini di età compresa tra i 4.4 e i 4.8 anni. I sintomi depressivi materni sono stati rilevati a 26 giorni di gestazione, a 3 mesi, e poi a 1,2,3 e 4.5 anni dopo il parto, allo scopo di confrontare l’intensità del disturbo rispetto alle epoche di sviluppo e cercare di capire se l’influenza maggiore si abbia durante lo sviluppo intrauterino o dopo la nascita. La regressione lineare è stata usata per esaminare associazioni tra i sintomi depressivi materni e il sistema delle connessioni dei nuclei amigdaloidei.

I sintomi depressivi materni prenatali erano significativamente associati con la connettività funzionale esistente tra il circuito cortico-striatale e l’amigdala, specialmente la corteccia orbitofrontale (OFC), l’insula, la corteccia anteriore del giro del cingolo (ACC) nella parte sub-genicolata, il polo temporale e lo striato. Aspetto particolarmente interessante, i sintomi depressivi maggiori in epoca prenatale, rispetto a quelli di epoca postnatale, erano associati con 1) una più bassa connettività funzionale dell’amigdala di sinistra con la ACC sub-genicolata di entrambi i lati e con il nucleo caudato di sinistra; 2) una più bassa connettività funzionale dell’amigdala di destra con le seguenti regioni dell’emisfero sinistro: OFC, insula e polo temporale.

Il rilievo fondamentale, chiaro ed evidente mediante questa analisi fMRI, è che tutti questi segni di influenza negativa dei sintomi depressivi sullo sviluppo della funzionalità dei collegamenti sinaptici del sistema dell’amigdala con altre regioni cerebrali sono stati evidenziati esclusivamente nelle bambine, e nessuno di questi indici di ridotta funzione è stato chiaramente riscontrato nei maschietti.

L’esposizione precoce alle manifestazioni del disturbo affettivo materno, dunque, ha influenzato nelle bambine l’organizzazione funzionale del circuito costituito dalle connessioni fra corteccia cerebrale, nuclei dello striato e complesso amigdaloideo, ossia una base neurofunzionale accertata dei processi che consentono la percezione e la regolazione delle emozioni.

Soe e colleghi, interpretando i risultati del loro studio, suggeriscono che la ridotta connettività funzionale di questo circuito costituisca la base per una trasmissione nel sesso femminile di una maggiore vulnerabilità per i problemi socio-emozionali e per lo sviluppo di disturbi psicopatologici di tipo depressivo. Gli autori affermano anche che il loro studio evidenzia l’importanza delle vie di sviluppo dipendenti dal genere nella definizione del circuito neuronico alla base del rischio di depressione.

A nostro avviso, sarà importante verificare questi dati attraverso l’esecuzione di altri studi che, oltre a ripetere le condizioni contemplate in questo lavoro, includano il confronto con l’influenza di altri sintomi di disturbo psichico, inclusi i disturbi d’ansia senza sintomatologia depressiva in entrambi i sessi, ed estendano il periodo dei controlli ai 10-15 anni seguenti, per verificare se realmente la riduzione di connettività funzionale si associ ad una maggiore probabilità di disturbi psicopatologici.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-18 novembre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si veda in Note e Notizie 28-10-17 L’amigdala centrale controlla l’apprendimento della laterale.

[2] L’esposizione che segue è tratta da un brano di una relazione tenuta lo scorso anno dal presidente della Società Nazionale di Neuroscienze (si veda in Note e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM – quarta parte).

[3] Si veda in Note e Notizie 10-09-11 Amigdala più grande nei figli di donne depresse.